Bulawa Vitae
Pain is just lymph
Non avere timore del dolore, è un dono.
Non c’è nascita senza distruzione, non c’è nuova vita senza lo spegnersi di un’altra.
Una crisalide che diventa farfalla per spiegare le sue nuove ali, distrugge il suo bozzolo e da qualche altra parte un’altra si sta spegnendo.
Per sbocciare bisogna distruggere, per costruire abbattere.
Il tronco di questo talismano è una mazza chiodata, una Bulawa come definita nell’europa dell’est (dove assume grande potere simbolico) da cui sboccia la vita.
La mia prima musa è stata l’albero della vita, simbolo di nascita e rinascita in tutte le culture in cui appare. Dai Celti ai Greci, fino alla cultura Cristiana ed Ebraica. Una sorgente di vita composta da pochi e semplici elementi con significati profondi: le radici, il tronco, le foglie e i frutti, assimilabili ognuno ad un aspetto importante della nostra vita.
A questo simbolo sono associati gli elementi primari ovvero l’aria, l’acqua, la terra e il fuoco: l’acqua e il sole lo aiutano a crescere, la terra lo alimenta, l’aria lo rende parte della natura.
Grandi poteri risiedono in questo simbolo: cura, guarigione, ringiovanimento, immortalità e sostentamento.
Nascita… come nella mitologia egizia dove da un albero nascono il primo uomo e la prima donna, o immortalità, come nella mitologia cinese dove c’è un albero che ogni 300 anni produce preziosi frutti, portatori di vita eterna.
Abram J.T. nella sua metafora dell’aragosta presenta il disagio come condizione necessaria all’inizio del cambiamento, ma quello che vedo io è che raramente questa condizione (così diffusa e duratura da essere spesso confusa con la vita stessa) viene “vista” quindi “percepita” perché anche solo notarla comporta dolore, figuriamoci muovere i passi necessaria ad uscirne! Il mondo ha paura, ha paura di aver paura e ha paura del dolore. Il dolore è la chiave. Ogni cosa che ci fa paura in qualche modo anche trasversale ha a che fare col dolore. Il dolore è la chiave ed è li che il voglio che il mio talismano lavori: sulla trasformazione del dolore attraverso un approccio “sano” al suo concetto, al suo scopo ed al suo utilizzo. Il dolore è linfa. Il dolore è sacro. Al dolore di nostra madre dobbiamo la nostra vita, al dolore della caduta dei nostri denti da latte dobbiamo la dentatura adulta, al dolore del ciclo mestruale dobbiamo la possibilità di generare vita, e più in generale al nostro personale dolore di vita dobbiamo consistente parte della nostra evoluzione… Il dolore è vita: un’aragosta non cambierebbe il suo guscio per uno più capiente se ad un certo punto non lo sentisse dolorosamente stretto… senza il disagio, senza il dolore, come l’aragosta, rimarremmo immobili ed ecco che il tronco del mio albero diventa una mazza chiodata: la prima arma creata ad esclusivo fine bellico. Il “dolore” fatto strumento, nelle sue più svariate fatture, caratteristiche e materiali, parte dell’armamentario bellico di tutte le popolazioni del globo.
Così quest’arma assume un potere simbolico fortissimo e nell’Europa dell’Est, in particolare in Russia, Polonia ed Ukraina, è sotto il simbolo della Bulawa che si inizia ad insignire il comandante in capo delle forze militari.
Affascinanate…
Trovo che il dolore abbia degli aspetti molto affascinanti, mistici, a tratti criptici, ma di grande “luce”, la sofferenza del Cristo o l’indigenza e il torace dilaniato di Odino per la ricezione delle rune non sono che due dei migliaia di esempi rintracciabili in ogni mito, leggenda, religione e/o filosofia esistente..
Il dolore non va temuto, va notato, ascoltato, accolto, amplificato e poi utilizzato come propulsore di evoluzione… perché è da li che nasce la vita: pain is just Lymph!
Virkelighet Zeus – In earth as in sky (QUESTO PER ORA TOGLILO PERCHE’ VOGLIO MODIFICARE DISEGNO)
Come sotto così sopra, come dentro così fuori.
In terra come in cielo, dentro come fuori: siamo particelle del tutto, siamo emanazioni del Divino e come tali ne rappresentiamo le dinamiche e siamo governati dalle sue leggi. Conosci te stesso e conoscerai gli Dei, questa è la frase che attende il pellegrino all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi ed è l’essenza di tutto il mio progetto, della mia idea di Spiritualità. Conoscerci e Amarci facendo tutto ciò che è in nostro potere fare per rimanere nel centro, nel Flusso e nell’evoluzione; venerare il nostro corpo come mezzo di espressione terrena della nostra essenza e strumento essenziale e svolgere il compito che siamo chiamati a svolgere: conoscerci, trovarci, rispettarci e amarci.
“Il regno di Dio è dentro di te è tutto intorno a te… non in templi di legno e pietra. Solleva una pietra ed io ci sarò, spezza un legno e mi troverai.” (Vangelo di Tommaso).
Chiamalo Dio, chiamalo Primo Mobile, chiamalo Energia Superiore, chiamalo Cosmo o Coscienza suprema, chiamalo come credi, ma ovunque io approfondisca il concetto profondo -e spesso celato ad una lettura superficiale- è lo stesso: Lui è noi e noi siamo Lui. Noi siamo composti dagli stessi elementi che compongono tutto il Creato, Il Creato è Noi e noi siamo Lui.
Tra tutti i Talismani che ho disegnato questo è il più rappresentativo del mio sentire perché rappresenta l’unione a noi tangibile tra Cielo e Terra (il martello: che raccoglie il fulmine dal cielo per scagliarlo sulla terra – la guarigione) e l’imparazialità delle Leggi (la bilancia) che governano il percorso verso il nostro flusso ovvero la condizione necessaria al compimento del nostro scopo supremo: portare luce al mondo!
Proprio come i 6 catadiottri di un rimorchio che prendono luce e la riflettono, proteggendo il mezzo attraverso la forza della luce che rimandano, illuminando il mondo.
Metafore, simbologia, vibrazioni è attraverso queste chiavi che l’Universo ci parla e allora noi riconosceremo…
Ma andiamo per ordine, perché ho scelto il Mjornir.
Il suo significato simbolico, teologico, è comparabile a quello del Vajra vedico (il “fulmine” o “diamante”, arma di Indra).
il Mjornir rappresenta la struttura fondamentale della realtà nella sua scaturigine dal principio Divino Originante. L’Edda di Snorri descrive le qualità del Mjöllnir dicendo che, possedendolo, il Dio Thor “sarebbe stato in grado di colpire quanto fermamente volesse, qualsiasi fosse il suo bersaglio, e il martello non avrebbe mai fallito, e se lanciato a qualcosa, non l’avrebbe mai mancato e non sarebbe mai volato tanto lontano dalla sua mano da non poter tornare indietro, e, quando lo avesse voluto, esso sarebbe diventato tanto piccolo da poter essere custodito sotto la tunica”.
Esso identifica il portatore con la fede professata: un punto di incontro tra Umano e Divino, un generatore di forza e non una mera ibridazione.
E’ il fulcro sul quale ruotano e si incontrano la Legge dell’Esistenza e la Forza Vitale di ogni odinista (che ormai immagino sia palese essermi molto cari in quanto responsabili sempre in prima persona del proprio avvenire e legati ad una spiritualità produttiva e sempre volta alla conquista non solo materiale, ma di spazi interiori sempre più consapevoli e vasti).
Poi ho utilizzato la bilancia, noto simbolo di giustizia, associato anche al concetto di misura, di prudenza e di equilibrio, in quanto atta a soppesare le azioni (altro tema che ho a cuore: dicotomia dire-fare… che trovo molto ben spiegata dalla Saggezza Pellerossa).
Per gli antichi greci la bilancia, rappresentava Themis, Dea della Giustizia, colei che manteneva l’ordine, l’equilibrio, la misura, proteggeva i giusti e puniva gli ingiusti, ma questo simbolo archetipico è presente in ogni tradizione.
Nell’Iliade Zeus si serve di bilance d’oro per pesare il destino degli uomini.
La bilancia è quindi per i Greci anche uno dei simboli del destino: «Ma quando il sole ebbe percorso la metà del cielo, ecco che allora Zeus Padre tendeva la bilancia d’oro e vi posava sopra due destini di morte dolorosa: uno era dei Troiani domatori di cavalli, l’altro degli Achei rivestiti di bronzo. Poi la tirava in su prendendola giusto nel mezzo: s’inclinava il giorno fatale degli Achei… Il dio allora tuonava forte dall’Ida e mandò un bagliore fiammeggiante tra le schiere degli Achei» (Iliade 8, 69.77).
Altra chicca interessante è la seguente: nella mitologia greca, vi erano le tre sorelle Moire. La più anziana delle tre, non era una grande dea, ma certamente superiore delle tre sorelle – Moire personificavano il destino – colui che non si può evitare, – Àtropo (in greco: Ἄτροπος, cioè in nessun modo, l’immutabile, l’inevitabile) – rappresenta il destino finale della morte d’ogni individuo poiché a lei era assegnato il compito di recidere, con lucide cesoie, il filo che ne rappresentava la vita, decretandone il momento della morte.
C’entreranno qualcosa anche le tre Norne della mitologia Nordica? Direi decisamente di si… altre sfumature, altra Conoscenza e Consapevolezza.
In alcune tradizioni, la bilancia è associata alla tomba della giustizia delle anime.
Oggi, la bilancia rappresenta (o dovrebbe…) un po’ ovunque, il simbolo della giustizia dentro e fuori delle aule dei tribunali… e malgrado il necessario condizionale tra parentesi è esattamente questo il senso che ha rivestito nel mio atto creativo, il mio intento era utilizzarne la sua forza depurata da ogni odierna sporcatura.
Conosci te stesso e conoscerai gli Dei. Così è, senza eccezioni e i Giusti vinceranno.